cipìscuola

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chi siamo

CIPì siamo noi. Un collettivo di insegnanti precari/e e inoccupati/e della scuola secondaria superiore. Noi che abbiamo studiato, ci siamo laureati, specializzati, dottorati, masterizzati, convinti/e che il nostro sapere e la nostra umanità potessero assumere un giorno un ruolo e un valore sociale. Ci troviamo, invece, ad essere la prima generazione che ha meno diritti, meno speranze e meno futuro di quella che l’ha preceduta. CIPì ne vuole discutere con tutti, nelle piazze, nelle assemblee, nelle scuole, nelle università, nel nascente movimento di difesa dell’istruzione pubblica in particolare e della giustizia sociale in generale.CIPì siamo noi, ma soprattutto siete voi: colleghi insegnanti precari/e e inoccupati/e, che vogliono imparare (ancora, daccapo, di nuovo) a lottare, a cui rivolgiamo il nostro appello: diamo vita e voce a CIPì, tutti insieme. Facciamoci sentire.

mercoledì 22 ottobre 2008

manifesto cipì

È nato CIPì.
Cipì sono io. Insegnante di scuola secondaria superiore – precaria.
Non sono sola. Siamo in tanti/e – precari/e.
La maggioranza di noi migra di scuola in scuola, un anno qui, un anno là - quando va bene; altrimenti si lavora a singhiozzo: tre mesi, un mese, una settimana; l’estate rigorosamente non pagata; e nel mezzo i periodi di inoccupazione trascorsi in attesa di una telefonata - il cellulare che non si spenge mai.
E poi la chiamata. Si corre, nella speranza che chi ti precede in graduatoria non si presenti: homo homini lupus! E forse – finalmente - il lavoro, chissà per quanto tempo, con quale orario, in quale classe… Cambiando continuamente luoghi, orari, alunne/i, colleghe/i, condizioni di lavoro.
Di passaggio. Sempre di passaggio. Solo di passaggio.
Guardarsi in faccia, capire chi si è, riconoscersi l’un l’altro, conquistare coscienza individuale e collettiva, creare solidarietà, identità, azione comune: tutto ciò è assolutamente impossibile quando si è di passaggio - precari.

E’ nato CIPì.
CIPì siamo noi. Un collettivo di insegnanti precari/e e inoccupati/e della scuola secondaria superiore.
La nostra ambizione: leggere la realtà della scuola pubblica di oggi, interpretare la portata dell’attacco complessivo cui è sottoposta attraverso il prisma della nostra identità diffusa, specifica e particolare a un tempo.
Diffusa: perchè il dramma della precarietà coinvolge almeno due generazioni e attraversa ormai ogni ambito - nel mondo della scuola un terzo dei/delle docenti è precaria/o.
Specifica: perchè la condizione socio-esistenziale del precariato offre una prospettiva sfortunatamente privilegiata dalla quale leggere e patire lo smantellamento della scuola pubblica e la rinuncia da parte dello Stato ad ogni funzione sociale.
Particolare: perché i precari sono tanti/e eppure tutti/e isolati, sconnessi, frammentati, dispersi – peggio, in competizione tra loro! - e dunque privati/e di ogni mezzo di azione politica e di lotta.

Ministra Gelmini, CIPì avrebbe qualcosa da dirLe.
Il problema del precariato nella scuola secondaria superiore non nasce con Lei, ma Lei (il suo governo) lo incancrenisce, lo cronicizza.
Tagliare in modo dissennato il personale della scuola significa rendere permanente e costitutivo il precariato degli insegnanti. Il che a sua volta significa annullare qualsiasi continuità e programmazione didattica. Avvilire il ruolo docente. Dequalificare la scuola pubblica.
E poi: l’aumento degli alunni per classe, che deteriora la vita scolastica. L’aumento delle ore di lavoro a fronte della diminuzione complessiva dell’orario scolastico, che toglie posti di lavoro ai docenti e ore di lezione agli studenti. L’accorpamento delle classi di concorso, che degrada la formazione degli insegnanti. Il taglio dei fondi per le attività di sostegno, che colpisce i più deboli.
Ecco come si distrugge l’istruzione pubblica, ministra Gelmini.
Per molte/i di noi l’insieme dei Suoi provvedimenti (già varati, da varare) significa l’esclusione dal mondo della scuola. Per tutte/i significa l’impossibilità di un’assunzione stabile, la condanna a rimanere precari, forse per sempre.
Ecco come si distrugge una generazione di insegnanti, ministra Gelmini.

Quella generazione siamo noi. Noi di CIPì.
Noi che abbiamo studiato, ci siamo laureati, specializzati, dottorati, masterizzati, convinti/e che il nostro sapere e la nostra umanità potessero assumere un giorno un ruolo e un valore sociale.
Ci troviamo, invece, ad essere la prima generazione che ha meno diritti, meno speranze e meno futuro di quella che l’ha preceduta. E naturalmente anche meno soldi.
CIPì, di che ti lamenti?
E’ la globalizzazione neocapitalista, bellezza. Il profitto privato vince, l’interesse pubblico perde. Dunque: precarietà, non garanzie. Privatizzazioni, non Stato sociale. Soldi a banche ed industrie vittime della crisi che esse stesse hanno prodotto, tagli all’istruzione pubblica che produce solo sapere. Cittadini insicuri e rancorosi, non consapevoli e solidali.

Distruggere la scuola pubblica di un paese significa rendere i suoi cittadini ignoranti, divisi, impotenti, obbedienti.
I provvedimenti della ministra Gelmini mirano ad abbattere il sistema della pubblica istruzione a tutti i livelli, dalle elementari all’Università.
CIPì, ora che l’ha capito, lo vuole dire a tutti, ne vuole discutere con tutti.
Nelle piazze, nelle assemblee, nelle scuole, nelle università, nel nascente movimento di difesa dell’istruzione pubblica in particolare e della giustizia sociale in generale.
Insieme agli/alle altri/e insegnanti, ai genitori, agli studenti, ai genitori che da un mese lottano, contestano, manifestano, e forse sognano.

E’ nato CIPì.
CIPì siamo noi: insegnanti precari/e e inoccupati/e di scuola secondari superiore che aprono gli occhi, che rompono la logica della competizione tra uguali e della frammentazione, che solidarizzano, che credono nel valore sociale e culturale dell’istruzione pubblica, che vogliono imparare (ancora, daccapo, di nuovo) a lottare.
Ma soprattutto CIPì siete voi, colleghi insegnanti precari/e e inoccupati/e a cui rivolgiamo il nostro appello: diamo vita e voce a CIPì, tutti insieme.

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